tag:blogger.com,1999:blog-79621504755490457322024-03-05T12:33:13.324+01:00Società, economia e risorse in Messico e in America CentraleLuca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.comBlogger24125tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-53072421500196652762008-11-25T15:11:00.000+01:002008-11-25T15:12:11.022+01:00Su Luxuria, "Liberazione" e l'Isola dei famosiCiao a tutti.<br />Il Collettivo Italia Centro America ha inviato questa lettera al quotidiano "Liberazione", in risposta allo scandoloso articolo con cui il quotidiano di Rifondazione comunista "celebra" oggi la vittoria di Vladimir Luxuria all'Isola dei famosi.<br />Fate girare.<br />Luca<br /><br />*****<br /><br />“ Forza Vladimir, hai vinto tu”. Davvero? Ne siamo sicuri? Le parole con cui Angela Azzaro celebra la “vittoria” di Luxuria all'Isola dei famosi mi fanno vergognare. Secondo la giornalista di Liberazione, Luxuria “ha spiegato a milioni e milioni di italiani che la realtà è diversa e che anche questa realtà deve godere degli stessi diritti della presunta maggioranza”. E, perciò, dovremmo ringraziare “anche a Simona Ventura, che con Vladimir ha tirato su gli ascolti (è l'edizione più vista dell'Isola) ma anche il nostro morale”.<br />Il mio morale, purtroppo, è a terra: dopo le lettere del nostro Collettivo Italia-Centro America, Luxuria aveva promesso di portare sull'isola e in televisione il tema dei diritti indigeni delle popolazioni garifuna -quelle che vivono nell'arcipelago dei Cayos Cochinos, che non è disabitato né uno scoglio sperduto in mezzo al mare-. Non lo ha fatto, il “compagno” Luxuria, ma non ne avevo dubbi: non ci ha voluto mostrare il suo contratto, le clausole che aveva firmato con la Magnolia di Giorgio Gori. <br />Magnolia, la società produttrice del format; la società a cui la televisione di Stato, la Rai, dà ogni anno soldi dei cittadini per permetterci di vedere il reality in televisione.<br />Soldi che gravano sul bilancio pubblico. Quanto paga, ogni cittadino italiano, per permettere la trasmissione dell'Isola dei famosi? Ce lo dicano gli ex deputati ed ex senatori di Rifondazione.<br />E allora un invito: il prossimo anno non pagate il canone Rai. Boicottiamo una televisione di Stato che scende allo stesso livello delle televisioni private del presidente del Consiglio, complice -negli ultimi quindici anni- di una deriva consumista che ha messo in ginocchio il Paese e le coscienze degli italiani.<br />Mi stupisce, di fronte a tutto questo, che Rifondazione comunista stia zitta, anzi celebri la vittoria di “una di noi” all'Isola.<br />Soprattutto, però, mi spiace che la Azzaro -e Liberazione- celebrino la vittoria di Luxuria come una vittoria dei “diritti”. Perché la parola diritti si declina, appunto, al plurale, e non può limitarsi a considerare che con Vladimir “si rompe il tabù dell'eterosessualità a tutti i costi”. Riteniamo utile e necessario, imprescindibile, aprire sulla televisione pubblica un dibattito serio sull'omosessualità, su “una società che fonda il potere degli uomini sulla divisione netta tra i ruoli, i generi, tra etero da una parte e gay e lesbiche dall'altra”. Ma non è l'Isola dei famosi, senza dubbio, l'ambito in cui farlo.<br />Ai lettori di Liberazione, elettori di Rifondazione e di certo sensibili al tema dei diritti umani a tutto tondo, mi piace ricordare solo un paio di episodi accaduti nella zona dei Cayos Cochinos e nella Bahia de Tela. Notizie, purtroppo, che non hanno trovato spazio tra le pieghe della televisione di Stato.<br />Il 24 settembre 2008 è stato assassinato il pescatore garifuna di Triunfo de la Cruz Guillermo Norales. L'omicidio è firmato da soldati della Marina honduregna della città de La Ceiba, che pattugliavano le acque nei pressi del Refugio de Vida Silvestre de Cuero y Salado. Si perché in Honduras, come in tutto il Sud del mondo, quando si crea un'area protetta, impedendo la pesca, ciò avviene per permettere uno sviluppo turistico “per gli occidentali” (nel caso della Bahia de Tela il progetto si chiama “Los Mycos Beach and Resosrt Centre”), togliendo di mezzo gli abitanti originari del luogo.<br />Lunedì 13 ottobre, invece, un incontro con la Marina honduregna di stanza nell'arciplego dei Cayo Cochinos (quello dell'Isola) è toccato invece a Joel García e Minor López. I due pescatori garifuna sono stati bloccati nei pressi del Cayo Bulaños, minacciati di morte, privati del loro cayuco (l'imbarcazione tradizionale dei garifuna), e gettati in mare. Gli effettivi della Marina si sono poi ritirati, portando con loro il cayuco, unica fonte di sostentamento per le famiglie garifuna dei Cayos Cochinos, verso la base di Cayo Mayor.<br />Eccolo, il mare “aperto” dell'Isola dei famosi.<br /><br />Luca Martinelli – Collettivo Italia Centro-America (Cica)Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-1885305817922836832008-10-06T10:28:00.001+02:002008-10-06T10:29:36.719+02:00L'Unione europea cerca l'Eldorado in Centro AmericaIn Guatemala, questa settimana, si negozia il futuro delle relazioni politiche e commerciali tra l'Unione europea e i Paesi del Centro America. Fino a venerdì 10 ottobre, infatti, è in programma la Quinta riunione del tavola di lavoro che discute i termini dell'Acuerdo de Asociación tra i 27 Paesi dell'Ue e le repubbliche centro-americane (Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Honduras, Costa Rica).<br />I negoziati dovrebbero concludersi entro la prima metà del 2009, secondo quanto promesso dalla Commissione europea al presidente del Costa Rica, Oscar Arias, che recentemente ha visitato Bruxelles. La conclusione del negoziato bi-regionale con il Centro America è diventato fondamentale per la Commissione europea, infatti, data la paralisi nei negoziati in corso con i Paesi della Comunità andina delle nazioni (Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù), il fallimento di quelli con i Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (i cosiddetti accordi Acp), la “stanchezza” di quelli con il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay). <br />Il 1° ottobre, a Bruxelles, si è svolto un incontro tra rappresentanti di organizzazioni della società civile europea, il capo-negoziatore della Commissione europea, Petros Mavromichalis e il responsabile della Direzione generale per il commercio, Nicola Ardito.<br />In una nota del 3 ottobre, Luis Guillermo Pérez, segretario di Cifca (Copenhagen Initiative for Central America, una rete di organizzazioni europee che fa pressione sui Paesi dell'Ue in merito alle politiche nei confronti dell'America Centrale), presente all'incontro, ha segnalato che “l'integrazione che si promuovere è quelle che interesse alle imprese europee e non ai popoli centro americani. [Con l'Ada] si possono compromettere in modo significativo diritti essenziali, come il diritto all'alimentazione, il diritto alla vita -attraverso il diritto alla salute-, quello al lavoro, se non si stabiliscono reali garanzia per i lavoratori e si può danneggiare ulteriormente l'ambiente, ma anche danneggiare i diritti dei popoli indigeni, afrodiscendenti, comunità contadine, di pescatori, piccole e medie imprese”.<br />L'Ada, conclude Pérez, favorirà in via esclusiva “le élite locali e le multinazionali europee”.<br />Durante il meeting, infatti, i rappresentanti dell'Ue hanno confermato che l'Accordo di associazione sarà, in pratica, solo un accordo di libero scambio. “Non ci sarà nessun meccanismo di controllo da parte della società civile”, l'Ue non farà pressione, in alcun modo, affinché “le controparti ratifichino o si adeguino a convenzioni internazionali sui diritti umani”, né intende inserire all'interno dell'Accordo i temi dei diritti indigeni, dei diritti dei lavoratori e della tutela dell'ambiente”. Per finire, hanno spiegato, “non si potrà inserire nessuna forma di tutela di fronte alla violazione di specifici diritti umani nell'Accordo di associazione”. <br />Purtroppo, sono i governi di alcuni Paesi centro americani (Costa Rica, El Salvador, Guatemala) a spingere per una rapida conclusione dell'Accordoi. Altrove, in America del Sud, negoziati avviati lungo lo stesso sentiero sono stati fermati dalla ferma opposizione dei governi locali, in particolare da parte di quello boliviano, di fronte all'Unione europea che non accetta di riconoscere, nel testo, le asimmetrie esistenti tra i Paesi della Comunità andina delle Nazioni e l'Unione europea e all'interno degli stessi Paesi della Can, “assicurando -spiega Pérez- un trattamento speciale e differenziato in particolare a Bolivia ed Ecuador”, secondo quando stabilito nel luglio del 2007. Il prossimo 14 ottobre i presidenti dei 4 Paesi della Comunità andina si incontreranno a Guayaquil, in Ecuador, per decidere se continuare o meno il negoziato bi-regionale con l'Unione europea.Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-26725177309307009392008-07-30T06:53:00.001+02:002008-07-30T06:54:36.276+02:00In Messico non c'è spazio per il conflitto sociale. Intervista con Pablo Romo di Serapaz“Il Messico ha paura di dare una brutta immagine di sé nel mondo, e di perdere così gli investimenti esteri. Molti dei conflitti sociali in corso nel Paese riguardano megaprogetti ritenuti 'fondamentali per lo sviluppo', e il governo sta dalla parte dei capitalisti messicani e stranieri. Questo fa sì che l'esistenza stessa dei conflitti venga negata dalla istituzioni e resa invisibile dai mezzi di comunicazione. Il controllo dei mass media impedisce una reale diffusione di ciò che accade nel Paese”.<br />Pablo Romo lavora a Città del Messico per Serapaz, Servicios y Asesoria para la Paz. Alla fine degli anni Novanta è stato direttore del Centro diritti umani “Fray Bartolomé de Las Casa di San Cristobal de Las Casas, in Chiapas. Ha appena presentato un saggio sulla “Criminalizzazione delle protesta sociale in Messico” e lo abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua casa, per parlarne. <br /><span style="font-weight: bold;">Negli ultimi anni, di fronte all'emergere di nuovi conflitti sociali, qual'è la risposta tipica del governo messicano? </span><br />È un processo in tre tappe. La prima è quella di rendere invisibili, di negare i conflitti. Ciò porta i movimenti a ricercare nuove strategie di confronto, a cui il governo risponde quasi sempre con tentativi di cooptazione, di capire quanto “costa” il leader. Se il conflitto permane, si arriva al terzo momento, che è quello della repressione. Una repressione che si presenta in modo diverso: può essere selettiva o di massa. Oggi c'è un controllo molto stretto del territorio, una presenza militare che è incrementato moltissimo da quando è Presidente Calderón (dal dicembre 2006, ndr).<br /><span style="font-weight: bold;">La prima fase della criminalizzazione della protesta sociale passa per la negazione dell'interlocuzione. In questo processo -che monitorate nell'ambito dell'<span style="font-style: italic;">Observatorio sobre la conflictividad social en México</span>- qual'è il ruolo dei mezzi di comunicazione?</span><br />Ritengo importante distinguere almeno tra due diversi tipi di mezzi di comunicazione di massa. Da un lato c'è la televisione, che in Messico è un duopolio che criminalizza qualsiasi espressione di protesta. Dalle manifestazioni del Prd, il partito di opposizione, alle realtà molto più complesse fino ai gruppi armati. Assistiamo ad un controllo totale e a un'assoluta censura. Non esiste alcuno spazio per le critiche dei movimenti sociali allo status quo. E non è solo rendere invisibili: la tv denigra, attacca, calunnia i movimenti, insomma crea una stigmate di criminali intorno ai movimenti.<br />Per quanto riguarda invece quotidiani e periodici, c'è né almeno uno o due che assumono un punto di vista più critico, ma raggiungono poche persone.<br />Il mondo delle radio invece è molto diverso. La maggioranza sono vicine alla televisione, e le poche voci critiche sono state zittite. Anche la comunicazione sui temi ambientali, di solito, è fatta per creare timore nei confronti delle organizzazioni sociali. Però, c'è il fenomeno nuovo delle radio comunitarie, della radio pirata, dei blog, mezzi di comunicazione “più orizzontali” che stanno giocando un ruolo “insurgente” nel panorama attuale.<br /><span style="font-weight: bold;">Quand'è che la strategia del governo ha successo nel frenare l'opposizione sociale? </span><br />Succede quando i movimenti non sono pronti a un tipo di confronto che sfocia nella repressione, e l'azione governativa riesce a generare paura. Ad esempio, l'azione del Fronte per la difesa dell'acqua di Cuautla, nello Stato di Morelos, si è fermata dopo l'omicidio di due leader..<br />La detenzione di Ignacio “Nacho” Del Valle, leader di San Salvador Atenco, è invece un esempio molto chiaro di come il governo voglia diffondere messaggi: “Se vi mettete contro di noi, passarete 60 anni in carcere, come 'Nacho'”. Tutto affinché la gente capisca che non ha senso protestare.<br />In questo modo, cercano anche di dividere le organizzazioni, tra radicali, disposti a tutto, e moderati. Ad Atenco, però, non ci sono riusciti.<br /><span style="font-weight: bold;">Un passo ulteriore, nella strategia “ufficiale”, è portare la protesta in tribunale. </span><br />Questo risponde a un'idea molto semplice: la gente semplice non può difendersi e pagare buoni avvocati nel corso di un processo. In più, in Messico non si può confidare sulla lealtà dei procuratori né dell'apparato giudiziale.<br />Questa è una delle ultime strategia per inibire la forza di un movimento.<br /><span style="font-weight: bold;">Poi c'è spazio solo per la repressione armata. Quando arriva il momento dell'esercito?</span><br />Oggi, purtroppo, l'intervento dell'esercito va letto in un contesto più ampio, che è quello della guerra globale al terrorismo. Il Messico deve difendere il proprio spazio territoriale perché non entrino terroristi. Il Paese dev'essere “pulito”. La decisione di intervenire militarmente, cioè, non è del governo messicano, dipende dagli ordini “dell'impero”. l'esercito messicano è dispiegato in tutto il territorio nazionale, non solo nelle zona di conflitto armato come Chiapas e Guerrero. È presente da Tijuana a Cancún, a Cozumel. L'esercito controlla le strade, e non limita più il proprio compito alla difesa della patria, né sta lottando contro il narcotraffico.<br />Sta realizzando un'opera di controllo sociale, e lo sta facendo -ad esempio in Chiapas- nel tentativo di distruggere l'articolazione del movimento contadino e le relazioni tra questo e l'Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln).<br />Mostra la propria forza per smobilitare i movimenti sociali.Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-91964418846579101532008-07-28T11:21:00.002+02:002008-07-28T11:25:10.543+02:00Vladimir Luxuria sull'Isola dei famosi (2)<span style="font-weight: bold;">La seconda lettera inviata dal Collettivo Itali Centro America (<a href="http://www.puchica.org">www.puchica.org</a>) a Vladimir Luxuria.<br /><br />Cara Vladimir</span>,<br />abbiamo letto con attenziona la tua risposta alla nostra lettera aperta inviata a "Liberazione". Abbiamo letto con attenzione anche gli altri interventi di oggi su Repubblica<br />e corriere.it.<br />A questo punto, ti consigliamo di leggere con attenzione:<br />1) il dossier si chiama "Bahia de Tela e l'Isola dei famosi", pubblicato sul sito http://www.puchica.org, per approfondire la situazione del popolo garifuna, le problematiche che vivono le comunità di pescatori lungo la Bahia de Tela e i Cayos Cochinos;<br />2) l'articolo "L'isola dei furbi" pubblicato nel dicembre<br />2006 dalla rivista Altreconomia (<a href="http://www.altreconomia.it">http://www.altreconomia.it</a>), sul legame tra gli interessi economici (leggi: sviluppo turistico) nell'area, i poteri forti del Paese e il reality<br />a cui parteciperai.<br />Dopo aver fatto questo, t'invitiamo a:<br />3) visitare con noi, prima di iniziare la tua avventura di "naufraga", come vi chiamano, la zona della Bahia de Tela, conoscere le storie dei militanti di Ofraneh, vedere da<br />vicino le ruspe di Astaldi al lavoro per la costruzione del mega-complesso turistico "Los Mycos Beach & Resort", dove "democraticamente" troverà spazio anche la ricostruzione<br />di un villaggio tradizionale garifuna, ad uso e consumo dei turisti e a due passi dal campo da golf.<br />Per ultimo, se è vero, come scrivi su "Liberazione", che con la tua partecipazione al reality vuoi "creare occasioni per parlare anche di questi temi (i garifuna, ndr) e di un<br />turismo socialmente equo ed ecosostenibile", ti chiediamo di inviarci copia del contratto firmato con Giorgio Gori e la sua Magnolia (perché non crediamo che sia Simona Ventura a dettar legge), la società che realizza il format e lo vende alla Rai: vorremmo leggere il<br />contratto, epurato ovviamente del dato relativo al compenso pattuito per la tua partecipazione, per leggere che sì, effettivamente, Vladimir Luxuria partecipa al format<br />dell'Isola dei famosi ma ha carta bianca, potrà parlare liberamente di ciò che vuole.<br /><br />E, per restare in tema di tute mimetiche e servizio militare, ti vogliamo ricordare che a inizio ottobre (dal 3 al 6), a La Esperanza, Intibucà, a poche centinaia di chilometri dagli isolotti dei Cayos Cochinos si svolgerà il secondo Forum emisferico contro la militarizzazione, promosso da organizzazioni sociali e indigene di tutto l'America latina. Nel caso tu fossi eliminata nelle prime settimana del gioco, magari potresti passare, per conoscere più da vicino i problemi di un Paese che altrimenti rimarrà per te, come per milioni di persone che guardano il reality in tv, soltanto una bella cartolina, quella della<br />prossima Cancùn o Acapulco o Santo Domingo.<br /><br />Collettivo Italia Centro America<br />tel. 349/8686815Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-13149095431469356632008-07-28T11:18:00.001+02:002008-07-28T11:20:11.938+02:00Vladimir Luxuria sull'Isola dei famosi (1)<span style="font-weight: bold;"><span style="font-style: italic;">La lettera del Collettivo Italia Centro America pubblicata da Liberazione il 26 luglio 2008 e la risposta di Vladimir Luxuria. </span> <br /><br />Cara Vladimir, vai sull'Isola e dimentichi i nativi</span><br />Cari amici di "Liberazione", cari amici di Rifondazione, siamo profondamente indignati per la decisione dell'onorevole Vladimir Luxuria, eletta alla Camera per Rifondazione Comunista, di partecipare al reality show L'isola dei famosi . Ci indigna ancora di più leggere le parole (e la leggerezza) con cui Luxuria ha motivato la sua scelta in un'intervista al Corriere della Sera e in un intervento sulle colonne di Liberazione : «Ho pensato al telefonino spento, al mare, alla spiaggia, nessun rumore di automobili. Mi sono detta: perché no? Sarà come essere arruolata per il servizio di leva. Io non l'ho fatto perché sono pacifista e poi mi fanno orrore le armi, le tute mimetiche, il grigio-verde, gli elmetti. Per me andare sull'isola sarà come fare il militare». Cara Vladimir, su quelle spiagge dell'Honduras vedrai senz'altro veri militari in tute mimetiche: sono quelli dell'esercito honduregno che per proteggere te e i tuoi compagni di avventura impediranno, come già fatto negli anni precedenti, alla popolazione locale, pescatori indigeni afrodiscendenti, i garifuna, di accedere al loro mare. Il mare in cui pescano quanto necessario per sopravvivere. Ci spiace che tu non abbia speso una parola per le popolazioni locali, una minoranza i cui diritti, prima tra tutti quello alla sopravvivenza, sono minacciati da questo reality. Ci spiace che ti spenda a favore di una lobby di grande imprese, quelle che stanno costruendo mega-villaggi vacanze nella zona della Bahia de Tela, nei pressi di quei meravigliosi Cayos Cochinos che saranno sede della vostra Isola dei famosi : tra queste c'è l'italiana Astaldi, ed è per questo che lo scorso anno nel nostro Paese si è sviluppata una campagna contro l' Isola dei famosi - lisolaeilmattone.blogspot.com. Sì, perché la trasmissione non è altro che un mega spot per quelle spiagge, dove presto potranno andare in vacanza, in villaggi italiani, benestanti cittadini italiani incuranti di calpestare i diritti di chi in quelle terre vive da circa duecento anni. Per finire, ci spiace che tu - deputata di Rifondazione Comunista- non abbia partecipato negli anni scorsi a nessuna delle iniziative che il Collettivo Italia Centro America (www.puchica.org) ha organizzato per far luce sulla vicenda delle popolazioni garifuna e le ombre dell' Isola dei famosi . Soprattutto, ci spiace che tu abbia perso la conferenza stampa con il garifuna Alfredo Lopez, della Organizacion Fraternal de los Pueblos Negros de Honduras, organizzata al Senato insieme con i senatori di Rifondazione Comunista Francesco Martone e José Luis Del Rojo e al responsabile Esteri del Prc, Fabio Amato. Forse avresti preso un'altra decisione, forse l'avresti ponderata meglio.<br /><span style="font-style: italic;">Luca Martinelli, Federica Rogantin, Thomas Viehweider per il Collettivo Italia Centro America</span><br /><br /><span style="font-weight: bold;">Care compagne e compagni del Collettivo Italia Centro America</span>, conosco anche io, forse non quanto voi, i problemi delle popolazioni indigene e delle terre confiscate per costruirci grandi alberghi o centri commerciali. E' vero, non sono stata alla conferenza da voi citata. Ma non pretendo che voi sappiate che ho partecipato a Città del Messico da parlamentare a un congresso su questi temi con la presenza di campesinos e del sub comandante Marcos. La mia partecipazione al reality non significherà per me promuovere il mattone, anzi voglio creare occasioni per parlare anche di questi temi e di un turismo socialmente equo ed ecosostenibile, soprattutto per le popolazioni garifuna. Le vostre riflessioni vanno un po' oltre la mia partecipazione al reality e giungono a conclusioni troppo affrettate. Resto comunque a vostra disposizione per ulteriori informazioni e chiarimenti.<br />Vladymir Luxuria info@vladymirluxuria.itLuca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-7230421890919906262007-10-18T23:27:00.000+02:002007-10-18T23:28:34.183+02:00Primo round di negoziati, in Costa Rica, tra Centro America ed Unione Europea<div style="text-align: justify;">Via ufficiale in Costa Rica ai negoziati per l'Acuerdo de Asociación (Ada) tra l'Unione Europea e i Paesi dell'America Centrale. Quello in programma dal 22 al 26 ottobre è il primo di dieci round negoziali: i prossimi, già pianificati, si svolgeranno a dicembre 2007, febbraio, aprile e maggio 2008. L'Ada dovrebbe essere pronto per il 2010.<br />Luis Guillermo Perez, segretario generale di Cifca (Copenhagen Initiative for Central America, una rete di Ong europee nata per realizzare un lavoro di lobby sulle istituzioni comunitarie in merito alla relazioni tra l'Ue e il Centro America e il Messico), ha analizzato il documento che regola i negoziati, sottoscritto dalle parti a fine luglio, evidenziando gli svantaggi per i Paesi del Centro America rispetto a quelli della Comunità andina di nazioni (Can), che pure -a metà settembre- hanno avviato i negoziati per un Acuerdo de Asociación con il Centro America.<br />"Si nota -spiega Luis Guillermo in un documento confidenziale- la presenza dei governi di Bolivia ed Ecuador all'interno della Can".<br />Una prima differenza riguarda la lingua dei negoziati: nel caso della Can, i testi dei negoziati saranno nelle due lignue (inglese e spagnolo) e durante le riunioni ci sarà una traduzione simultanea; per quanto riguarda invece il Centro America, "negotiating documents shall be drafted in English".<br />"Quella della lingue è una questione rilevante -nota Perez- perché i governi dovrebbero poter consultare la propria società civile, e se i testi sono in inglese solo una piccola parte potrà avere un accesso adeguato alle informazioni e tentare di incidere sul negoziato. In più, non è detto che i negoziatori debbano essere per forza bilingue. I governi del Centro America dovrebbero battersi per ottenere le stesse condizioni accordate alla Comunità andina di nazioni".<br />Un secondo aspetto rilevante riguarda il riconoscimento delle asimmetrie esistenti tra le parti. Per quanto riguarda la Can, l'Ue accorda "un trattamento speciale e differenziato ai Paesi membri della Comunità, in particolare a Bolivia ed Ecuador, in relazione all'America Centrale non c'è nessun riferimento a questo riconoscimento".<br />Per ultimo, il documento firmato dall'Unione Europea e dai Paesi della Comunità andina di nazioni crea 14 sottogruppi negoziali nell'ambito del Gruppo sulla liberalizzazione del commercio. Con l'America Centrale saranno solo 12. Salta proprio quello che si occuperà di "asimmetrie e trattamento speciale e differenziato".</div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-88190290127661387202007-10-16T23:33:00.000+02:002007-10-16T23:39:14.337+02:00I colori del mais su Le Monde Diplomatique<span style="text-decoration: underline;"><br /><br /></span><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_CPUIt4nvqhNf5fioyaQhtSG7wedzellZC5krjxWRjnsi01c9yRQqRFgIssZnz38PuCYGHKoTW8wzKxzoXzPIfGmoAAoKVJUs_u-_QgTEttFGjq5Z_WzCTBWfgKItVQNzhuRSX59Ep_KZ/s1600-h/Recensione_M_Dip.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh_CPUIt4nvqhNf5fioyaQhtSG7wedzellZC5krjxWRjnsi01c9yRQqRFgIssZnz38PuCYGHKoTW8wzKxzoXzPIfGmoAAoKVJUs_u-_QgTEttFGjq5Z_WzCTBWfgKItVQNzhuRSX59Ep_KZ/s320/Recensione_M_Dip.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5122052151193503906" border="0" /></a>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-83485143419767418022007-10-16T09:54:00.000+02:002007-10-16T09:58:18.448+02:00Fuori dal Nicaragua Union Fenosa<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.unionpenosa.org/images/stories/jk/img_3646.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 250px; height: 187px;" src="http://www.unionpenosa.org/images/stories/jk/img_3646.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold;">Una sessione del Tribunale permanente dei popoli, riunito a Managua il 12 e 13 ottobre, ha condannato Unión Fenosa</span>. L'azienda spagnola, che nel 1999 ha acquisito per 115 milioni di dollari il controllo del servizio di distribuzione dell'energia elettrica in Nicaragua, è responsabile di continui black-out, aumento delle tariffe, mancati investimenti.<br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">L'udienza si è svolta nell'anniversario della Conquista: a oltre 500 anni dal 1492, la privatizzazione dei servizi pubblici locali è la nuova forma di colonizzazione scelta dai Paesi europei per l'America Centrale.<br /></div>Nell'emettere la loro sentenza i 5 giurati del Tribunale hanno invitato il governo ad annullare il contratto con Unión Fenosa e il memorandum sottoscritto dal presidente nicaraguensa Ortega a luglio 2007 e ad espellere la multinazionale dal Nicaragua e dagli altri Paesi della regione (Unión Fenosa è "forte" anche in Guatemala e in Messico) per "irresponsabilità e violazione dei diritti umani".<br />Le decisioni del Tribunale permanente dei popoli (Tpp) non sono legalmente vincolanti, ma rappresentano una condanna morale e politica rispetto all'operato dell'impresa. "In questo caso, però, -spiega Claudia Torelli, dell'Alianza Social Continental, una delle realtà che promuovono il Tpp- Unión Fenosa ci ha fatto un grande favore, perché nei giorni prima e dopo la sessione del Tribunale permanente ha dichiarato ai mezzi di comunicazione di non riconoscere la nostra legittimità, e così facendo ci ha posto ancor di più al centro dell'attenzione".<br />Negli ultimi cinque anni per i consumatori a basso reddito le tariffe di Disnorte e Dissur (le due aziende di distribuzione dell'elettricità, controllate dalla multinazionale) sono raddoppiate.<br />A Managua i consumatori denunciano tagli improvvisi dell’energia elettrica di 4, 6 o anche 12 ore consecutive<br />L’impresa non ha realizzato gli investimenti sottoscritti nel contratto di concessione, come evidenziato anche da periodici controlli effettuati dall’Ine (l’Ente regolatore nazionale per l'energia). Lo scorso anno una quarantina di organizzazioni della società civile nicaraguense, spagnola ed europea hanno promosso la campagna <a href="http://www.unionpenosa.org/">“La ir-responsabilità sociale di Union Penosa, il Nicaragua nascosto”</a>.<br />Chiedono la ri-nazionalizzazione della distribuzione dell'energia elettrica e la fine di un modello di approvvigionamento energetico basato sulla costruzione di mega-centrali idroelettriche.<br />Durante la sessione del Tribunale permanente dei popoli sono stati discussi anche i casi Unión Fenosa in Guatemala, Aguas de San Pedro, la privatizzazione del servizio idrico da parte dell'Acea di Roma, in Honduras e l'azienda di tonno spagnola Calvo in El Salvador.<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-89623210274265767932007-10-09T09:40:00.000+02:002007-10-09T09:43:01.256+02:00Cafta, la vittoria del “Sì” in Costa Rica. Cronaca di una frode annunciata<div style="text-align: justify;">Anche il Costa Rica ha ratificato il Cafta, il Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti d'America già in vigore nel resto del Centro America.<br />Nel referendum popolare di domenica scorso il "Sì" ha avuto la meglio, seppur di poco: 51,69 per cento contro 48,31. Sono andati a votare sei cittadini su dieci.<br />Subito dopo la divulgazione dei risultati, ieri (lunedì, ndr), i movimenti popolari del fronte del "No" hanno denunciato frodi elettorali, accusando il <span style="font-style: italic;">Tribunal Superior Electoral</span> di essere "complice diretto del regime dei fratelli Arias (<span style="font-style: italic;">presidente della Repubblica e Primo ministro, ndr</span>) non avendo fatto rispettare la tregua elettorale".<br />Il <span style="font-style: italic;">Movimiento Nacional Patriótico</span> non ha riconosciuto il risultato.<br /><br />Le denunce di irregolarità nel processo di votazione sono arrivate da numerose città in tutto il Paese. Alcune foto mostrano guardie di sicurezza armate contrattata dal fronte del "Sì" per intimidire gli elettori che si dirigevano verso i centri di votazione; il vice sindaco della città di Colima, Federico de Faríá, denunciò che nella notte tra sabato e domenica ignoti avevano lanciato pietre contro la sede del comitato per il "No"; una studentessa dell'Università del Costa Rica, Noelia Murillo, è stata aggredita da simpatizzanti del "Sì" mentre lavorava a un punto informativo organizzato dalla Università.<br /><br />Ho trascorso la giornata di domenica ascoltando in <span style="font-style: italic;">streaming</span> la radio <span style="font-style: italic;">La Señal del Corazon</span>, che ha seguito in diretta tutto il processo elettorale con corrispondenti in tutti i dipartimenti. Molti denunciavano l'assenza di mezzi pubblici, comprati (e tenuti fermi) dal fronte del "Sì" per impedire a una parte della popolazione -generalmente i più poveri, che non hanno l'auto- di raggiungere le urne; altri descrivevano lo scambio delle matite al momento del voto (ce n'erano due, di colori diversi: una, rossa, doveva essere usata per accreditare gli elettori; l'altra, blu, al momento del voto).<br /><br />La denuncia della frode è stata diffusa anche dall'<span style="font-style: italic;">Alianza social continental</span> -piattaforma di organizzazioni e movimiento sociali progressisti delle Americhe, nato nel 1999-. In un comunicato che ha per oggetto “Crónica de un fraude anunciado”, l'Asc denuncia il Tribunale supremo elettorale per aver negato ai delegati dell'Alianza -28 persone provenienti da numerosi Paesi del Sud America e dell'America Centrale- di partecipare al voto come osservatori riconosciuti.<br />Le autorità competenti -denuncia l'Alianza social continental- non hanno garantito "imparzialità, trasparenza e neutralità", e perciò il risultato del referendum non può essere riconosciuto. <br />In particolare, la delegazione ha potuto constatare la violazione del silenzio elettorale nei giorni che hanno preceduto il referendum ("occupando i mezzi di comunicazione di massa con propagando a favore del 'Sì', e con la partecipazione del presidente Oscar Arias a numerosi atti pubblici").<br />L'Asc denuncia anche l'ingerenza del governo degli Stati Uniti d'America: il presidente Bush ha minacciato di eleminare l'Iniciativa de la Cuenca Caribe (che permette al Costa Rica di esportare merci negli Usa senza pagare dazi) mentre il Segretario generale dell'Organizzazione degli Stati americani, José Miguel Insulza, arrivando in Costa Rica come osservatore invitato ha dichierato pubblicamente la porpria "simpatia" per il Cafta (Central America Free Trade Agreement).<br /><br />Cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, quasi la metà della popolazione del Costa Rica ha detto “No” al Trattato di libero commercio. E in 3 dei 7 dipartimenti, il “No” ha vinto. <br />Ciò obbliga il Governo a stabilire un dialogo con l'opposizione parlamentare per mettere in pratica il Cafta (entro marzo 2008, ad esempio, dovrà essere approvato dal Parlamento il pacchetto delle leggi complementari al Trattato, la cosiddetta “agenda d'implementazione”, ancor più liberista -se possibile- dello stesso Cafta).</div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-71743227987448770192007-10-05T12:21:00.000+02:002007-10-05T12:23:04.175+02:00Costa Rica. A due giorni dal referendum, barcolla il fronte del "No"<div style="text-align: justify;">In vista del referendum popolare sul Cafta del 7 ottobre, in Costa Rica si continua a discutere del memorandum scritto dal vicepresidente della Repubblica e che delineava una strategia per il fronte del “No”. <br />Secondo Edgar Morales, segretario aggiunto dell'Anep (<span style="font-style: italic;">Asociación Nacional de Empleados Públicos y Privados</span>), "la rinuncia del vicepresidente della Repubblica, il signor Kevin Casas, e il ritiro del deputato (nonché cugino del Presidente della Repubblica) Fernando Sánchez, non risolve, in assoluto, la questione relativa al famoso memorandum per la campagna per il 'Sì' al Trattato di libero commercio. In molte imprese, nazionali e internazionali, si cerca ancora di corrompere la coscienza dei lavoratori, intimidendoli e anche comprandoli, con il sostegno del ministro del Lavoro e della Sicurezza sociale e del Tribunale supremo elettorale. Questo viola il Codice del lavoro, la Legge elettorale e le norme internazionali per la tutela del lavoro e della costituzione. Il presidente della Repubblica e già premio Nobel per la pace, Oscar Arias Sánchez, attraversa tutto il Paese offrendo buoni spesa, titoli di proprietà sulla terra, borsa di studio, case, facendo pressione e comprando la gente più umile affinché voti a favore del Trattato di libero commercio”. <br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-43102260046544781452007-09-27T11:14:00.000+02:002007-09-27T11:16:32.076+02:00Costa Rica, la Chiesa cattolica per il "No" al referendum<div style="text-align: justify;">"<span style="font-style: italic;">È stato chiesto alla nostra Chiesa di manifestare la propria neutralità rispetto a questa importante contesa, il referendum per il Trattato di libero commercio tra Costa Rica e Stati Uniti d'America. Ciò significherebbe, tuttavia, venir meno al nostro impegno: la Chiesa deve sempre essere al lato della verità, della giustizia e del benessere sociale</span>".<br />Monsignor Ignacio Trejos, vescovo emerito di San Isidro de El General, ha le idee chiare rispetto al Cafta (Central America Free Trade Agreement), e con lui altri 93 sacerdoti cattolici che ieri hanno preso posizione contro il Trattato: "<span style="font-weight: bold;">È importante che al referendum vinca il <span style="font-style: italic;">No</span></span>". In vista del prossimo 7 ottobre, hanno reso pubblico un documento di otto pagine, intitolato “Un'analisi etica del Tlc”.<br />Tra i punti critici del Cafta, i sacerdoti segnalano che il Trattato "non rispetta la vita umana, obbligando il Paese ad approvare il Trattato di Budapest, che rende possibile e facilita la vendita di organi e di embrioni umani; brevetta le sementi e altre risorse necessarie per la vita, obbligando ad approvare l'accordo UPOV 91 sui derivati vegetali che permette di privatizzare e mettere sul mercato forme di vita".<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-17020250953309729442007-09-19T23:32:00.000+02:002007-09-19T23:34:04.767+02:00Centro America: investimenti in caduta libera con il Cafta<div style="text-align: justify;">La liberalizzazione degli investimenti è uno dei pezzi chiave nel puzzle di ogni trattato di libero commercio (Tlc). E l'aumento degli investimenti diretti esteri, la capacità di attrarre maggiori risorse per lo sviluppo delle attività produttive, è segnalato tra gli effetti positivi di ogni Tlc (quasi salvifici per le piccole economie dei Paesi del Sud del mondo).<br />Stride con queste affermazioni il dato relativo al Centro America. In piena era Cafta (Central America Free Trade Agreement), nei primi sei mesi del 2007, gli investimenti esteri sono caduti in El Salvador (meno 180 milioni di dollari), Honduras (meno 182 milioni di dollari) e Repubblica Domenicana (meno 23,4 milioni di dollari). I dati sono contenuti in un rapporto presentato il 13 settembre a San José -capitale del Costa Rica- dalla Rete regionale di monitoraggio sugli impatti del Trattato di libero commercio sul Centro America formato, tra gli altri, da Confederación Guatemalteca de Cooperativas, Centro de Estudios en Inversión y Comercio de El Salvador, Coalición Hondureña de Acción Ciudadana, Movimiento Social Nicaraguense e Comisión Nacional de Enlace de Costa Rica. <br />Dallo stesso rapporto emerge l'aumento delle importazioni provenienti dagli Stati Uniti d'America. Più 11,7 per cento in El Salvador; più 26 per cento in Honduras; più 27,5 per cento in Nicaragua; più 13,5 per cento in Repubblica Domenicana.<br />Il Costa Rica deciderà il 7 ottobre, con un referendum popolare, se ratificare o meno il Cafta.<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-5438263474622768452007-09-16T19:50:00.000+02:002007-09-16T23:59:02.367+02:00In Costa Rica un referendum popolare per dir "No" al Trattato di libero commercio (4)<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.elsalvador.com/noticias/2006/10/11/nacional/img/vas1.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 249px; height: 167px;" src="http://www.elsalvador.com/noticias/2006/10/11/nacional/img/vas1.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold;">Traballa il fronte del "Sì" in Costa Rica</span>, in vista del referendum popolare sul Cafta (<span style="font-style: italic;">Central America Free Trade Agreement</span>) in programma il prossimo 7 ottobre.<br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">Il vicepresidente della Repubblica e ministro della Pianificazione, Kevin Casas (<span style="font-style: italic;">nella foto</span>), si è dimesso (temporaneamente) da tutti i suoi incarichi ed è sotto inchiesta da parte del Tribunale supremo elettorale (Tse). Casas ha invitato il presidente della Repubblica, Oscar Arias Sanchez, ex premio Nobel per la Pace, a "formare un comitato strategico per lanciare la campagna in favore del 'Sì' al Trattato di libero commercio".<br /></div>Nel lungo <span style="font-style: italic;">memorandum</span>, di sei pagine, datato 29 luglio 2007, il vicepresidente chiede ad Arias Sanchez di sospendere le sedute del Parlamento per permettere ai propri deputati di andare in giro per le comunità a far campagna, "dato che in questo momento la vittoria nel referendum è più importante dell'agenda legislativa". E, per promuovere il fronte del "Sì" a livello locale, lo invita a minacciare tutti i sindaci del partito di governo che "se non 'vincono' il referendum del 7 ottobre nel proprio canton, non vedranno un soldo dal governo nei prossimi 3 anni".<br />Della strategia fanno parte anche "la pubblicazione di materiale di educazione popolare favorevole al Trattato di libero commercio" e "organizzare una mobilitazione di massa". Quello che il fronte del "No", forse del sostegno popolare, sta facendo da mesi.<br />Casas, poi, suggerisce anche di puntare sullo spauracchio dell'ingerenza straniera. In particolare, sottolineando la vicinanza del fronte del "No" a "Fidel, Chavez e Ortega".<br />L'indagine amministrativa in corso proverà l'eventuale complicità del capo dello Stato.<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-48388190187802418742007-09-16T10:40:00.000+02:002007-09-16T10:47:09.056+02:00Stop al progetto idroelettrico La Parota nello Stato del Guerrero<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://zapateando.files.wordpress.com/2007/05/no-a-la-parota.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 270px; height: 204px;" src="http://zapateando.files.wordpress.com/2007/05/no-a-la-parota.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-weight: bold;">Una prima vittoria per il movimento che si oppone alla costruzione della diga La Parota</span>, in Guerrero (nel Sud-est messicano). Un giudice federale, Livia Larumbe Radilla, ha imposto alla <span style="font-style: italic;">Comisión Federal de Electricidad</span> (Cfe) la sospensione immediata di tutti i lavori per la centrale idroelettrica (che inonderebbe una superficie di 17 mila 300 ettari, costringendo forzosamente 25 mila persone ad emigrare). A metà agosto i contadini Víctor García Robles, Clemente Reyes Bailón, Petronila Valente Calixto, Gregorio García Vázquez, Ricardo García Valente, Juventino García Vázquez e Ángel Valente Vázquez hanno richiesto la protezione della giustizia federale contro la costruzione della diga. Secondo la popolazione locale, riunita nel <span style="font-style: italic;">Consejo de Ejidos y Comunidades Opositores a La Parota</span> (Cecop), la centrale idroelettrica pregiudicherebbe la vita nell'area e la salvaguardia del fiume Papagayo. Il giudice ha accolto la loro istanza, stabilendo che fino a quando non verrà pronunciato il giudizio "le cose siano mantenute nello stato in cui si trovano e le autorità si astengano dall'autorizzare lo sfruttamento e l'utilizzo delle acque nazionali del fiume Papagayo per il progetto idroelettrico La Parota, per i danni irreversibili che causerebbe ai denuncianti che vivono nel municipio di Cacahuatepec”. In sostanza, se i lavori iniziassero, anche un eventuale giudizio a favore degli oppositori sarebbe inutile, in quanto l'ambiente risulterebbe in ogni caso gravemente compromesso. Non è una vittoria definitiva, quindi. Solo uno stop in attesa del giudizio.<br />La concessione per la costruzione delle diga è del 2005. La Parota ha già fatto tre vittime (tra gli oppositori). Recentemente, anche <span style="font-style: italic;">Amnesty International</span> ha dedicato un rapporto al caso (<a href="http://web.amnesty.org/library/Index/ENGAMR410292007"><span style="font-weight: bold; font-style: italic;">Human Rights at Risk in La Parota Dam Project</span></a>), invitando a firmare un <a href="http://www.amnesty.it/appelli/appelli/Messico?page=appelli">appello</a>.<br />Contro il progetto si sono pronunciati anche due rappresentanti delle Nazioni Unite, che nelle ultime settimane hanno visitato la regione dello Stato del Guerrero.<br />Secondo Rodolfo Stavenhagen, relatore speciale per i Popoli indigeni, uno Stato membro “non può ignorare i diritti della popolazione che subisce gli effetti negativi di un megaprogetto. E, in questo caso, non averlo fatto sin dall'inizio ha portato ai movimenti e ai conflitti che si vivono rispetto al progetto de La Parota”. “Da un punto di vista tecnico -ha aggiunto- La Parota non appare nemmeno tanto importante. Non risponde a un'esigenza per il Paese. La capacità di generare energia elettrica installata in Messico, infatti, eccede il fabbisogno del Paese”. Miloon Kothari, relatore speciale Onu per il Diritto all'abitare, ha invitato il governo messicano a considerare la possibilità di costruire centrali più piccole, che possano essere gestite dalla stesse comunità. “Viviamo -ha considerato- in una situazione di apartheid sociale, con modellli di sviluppo che rendono più profondi i conflitti”.<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-48943510454601995442007-09-11T10:54:00.000+02:002007-09-11T11:03:08.628+02:00La polemica su "L'intruso, il reality, l'isola e il mattone"<strong><span style="font-style: italic; font-weight: normal;">Il mio articolo </span></strong><span class="titolo1"><b>L'intruso, il reality, l'isola e il mattone</b></span><strong><span style="font-style: italic; font-weight: normal;">, pubblicato il 4 settembre da </span><span style="font-weight: normal;">Il </span><span style="font-weight: normal;">Manifesto</span><span style="font-style: italic; font-weight: normal;">, è stato ripreso il giorno dopo dal </span><span style="font-weight: normal;">Corriere della Sera</span><span style="font-style: italic; font-weight: normal;">. Allora Giorgio Gori, amministratore delegato di Magnolia, la so</span></strong><strong><span style="font-style: italic; font-weight: normal;">cietà che produce il reality "L'isola dei famosi", ha replicato scrivendo una lunga lettera a </span><span style="font-weight: normal;">Il Manifesto</span><span style="font-style: italic; font-weight: normal;">, che è stata pubblicata domenica 9 settembre insieme a una mia controreplica. Le pubblico sul blog.</span></strong><div style="text-align: justify;" class="pezzotesto"><p><strong><span style="font-style: italic; font-weight: normal;"><br /></span> </strong></p><p><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpQ2fUi9pEeITiRRoTTs42x55lEp0I13HHzbld0qvQKSJgp2FTv7ftdgMX4xyVrFBb7DIq4tDV5-8GJn9-92XyS2meGhG7vzCCKYam8gx_i5_QKy8dPpnYpsDRXZcV9GeQBGL-oDUDb5IY/s1600-h/Manifesto_VS_Isola.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 395px; height: 225px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgpQ2fUi9pEeITiRRoTTs42x55lEp0I13HHzbld0qvQKSJgp2FTv7ftdgMX4xyVrFBb7DIq4tDV5-8GJn9-92XyS2meGhG7vzCCKYam8gx_i5_QKy8dPpnYpsDRXZcV9GeQBGL-oDUDb5IY/s320/Manifesto_VS_Isola.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5108868522346019122" border="0" /></a><br /><strong><br />Sull'«Isola» nessun segreto<br /></strong>Il manifesto (terra terra del 4/9) ha dedicato all'«Isola dei Famosi» - e a ciò che si nasconderebbe dietro al programma di Raidue - un articolo di Luca Martinelli, poi ripreso anche da altri quotidiani. Sui diversi temi sollevati, collegati in realtà solo dal palese intento di mettere in cattiva luce la nostra produzione, desidero fornire alcune informazioni. Scrive il manifesto che in Honduras verrà realizzato un mega-complesso turistico a cura della Astaldi, e che sarebbe questa «il concorrente nascosto dell'Isola dei Famosi 2007». Non sarebbe cioè un caso se, per il secondo anno consecutivo, i «famosi» e l'«Isola» metteranno per tre mesi le spiagge honduregne in vetrina davanti a milioni di telespettatori italiani. Va da sé che nulla sappiamo dell'iniziativa della Astaldi e che l'insinuazione risulta anzi diffamatoria. Dalle ricerche che abbiamo condotto emerge che la questione dei paventati insediamenti si trascina da anni e i locali Garifuna contestano la costruzione di qualsiasi insediamento turistico. Vari sono stati i tentativi, probabilmente l'ultimo è questo della Astaldi. Ma tutto questo non ha nulla a che fare con Cayo Cochinos e il set del reality. La zona si trova infatti nel municipio di Tela, a circa 150 km da dove ha base la troupe, e a oltre tre ore di navigazione dal set del reality. Sostiene ancora l'artitolo che l'«Isola» nasconda altri segreti, come il fatto che le isolette del Cayo, sedi del reality, siano in vendita. A quanto ci è dato di sapere, solo l'isola di Cayo Culebra era in vendita, recentemente ceduta a un finanziere messicano. Ma l'accusa principale consiste nel fatto che il format prodotto da Magnolia «sconvolge gli equilibri su cui si regge la vita delle popolazioni locali». Ora, con i Garifuna i rapporti sono di assoluta collaborazione. E' in atto uno scontro, ma questo riguarda i Garifuna e le istituzioni honduregne, soprattutto riguardo ad alcuni presunti abusi avvenuti sempre nel municipio di Tela e riguardante la comunità di Triumfo de la Cruz , dove alcuni anni fa è stata bloccata la costruzione di alcune ville di lusso (progetto Mar Bella). Niente a che vedere quindi con le comunità Garifuna di Sambo Creek e Chachahuate, coinvolte nella realizzazione del reality. Va poi precisato che l'unica limitazione concordata lo scorso anno con la comunità Garifuna del Cayo consisteva nella richiesta di non avvicinarsi alla sola spiaggia dei concorrenti quando questi erano presenti. Questa limitazione è stata ripagata in due modi: in denaro (per mancato guadagno), e in servizi messi a disposizione della comunità (costruzione di una struttura sull'isola di Chachahuate, non utilizzata per il programma, disponibilità del medico della produzione per visite e interventi, bonifica e smaltimento di tutto l'Eternit presente sull'isola di Chachahuate, costruzione di un rifugio per i pescatori con 8 posti letto e 2 bagni). Questo nel 2006. Per quest'anno l'accordo è analogo. Verrà però versata una cifra doppia oltre ad altri interventi di finitura. Durante l'intero periodo di presenza dello staff, la comunità potrà usufruire gratuitamente delle barche della produzione per spostarsi. Si tenga anche conto che per la realizzazione del reality lavorano 15 rappresentanti della comunità.<br /><em>Giorgio Gori, Ad Magnolia<br /></em></p><p>Una prima considerazione è che il focus dell'articolo era il megaprogetto turistico in costruzione ad opera di Astaldi, tanto da segnalare la campagna di pressione avviata nei confronti dell'azienda italiana dal collettivo Italia-Centroamerica. Se non è provata alcuna relazione tra Astaldi e Magnolia, è vero però che entrambe le iniziative si svolgono all'interno di un processo di sviluppo turistico disegnato dal governo honduregno e che non tiene conto delle reali esigenze delle popolazioni locali. Questo può essere confermato dal fatto che per tutta la durata dell'edizione 2006 dell'«Isola», sul sito del consolato honduregno di Milano campeggiava il logo del programma con link al sito e che l'ambascitore dell'Honduras a Roma da noi intervistato ci ha confermato di ritenere il format televisivo un frande strumento di promozione turistica del paese. Per quanto riguarda invece le violazioni ai diritti delle popolazioni locali ci sono le denunce da parte di organizzazioni della società civile locale.<br /><em>l. m. </em></p></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-36743353900557478032007-09-06T11:57:00.000+02:002007-09-06T12:10:11.809+02:00In Costa Rica un referendum popolare per dire "No" al Trattato di libero commercio (3)<div style="text-align: justify;"><span style="font-style: italic;">Pubblico sul blog la versione integrale dell'intervista sul referendum in Costa Rica con Gerardo Cerdas Vega, sociologo che coordina per la regione centro americana il “Grito de los Excluidos/as”. Leggermente tagliata è uscita ieri su </span>Liberazione<span style="font-style: italic;">. (l.m.)</span><br /><span style="font-style: italic;"></span><br /><span style="font-style: italic;"></span><span style="font-weight: bold;">1) Il Costa Rica è l'unico Paese dell'America Centrale a non aver ancora ratificato il Cafta. Como avete ottenuto questo risultato?</span><br />Nel gennaio del 2003, quando iniziarono i negoziati del Cafta, ci trovammo in parte già organizzati: l'anno precedente ci eravamo riuniti e avevamo prodotto materiale informativo sull'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e l'Area di libero commercio delle Americhe (Alca), perché il Costa Rica partecipava ai due negoziati.<br />Ci avvicinammo all'Alianza Social Continental e, con loro, iniziammo a documentarci su una tematica complessa come il libero commercio.<br />Da questo nucleo è nato il movimento cittadino anti-Cafta, che oggi si è esteso a tutta la società ed è presente in modo trasversale in tutte le classi sociali. In 5 anni abbiamo costruito la campagna casa per casa, quartiere per quartiere, sindacato per sindacato, scuola dopo scuola… quello che si chiama “un lavoro da formiche”, ossia un lavoro lento e apparentemente insignificante ma con un enorme potere sociale.<br />Inoltre, già nel 2003 organizzammo le prime due mobilitazioni contro il Cafta, a gennaio e poi a febbraio. Il movimento che vediamo oggi deve molto all'aver colto per tempo il tema e alla capacità di raccogliere progressivamente le organizzazioni popolari del Paese, le vere pioniere di questa lotta che oggi coinvolge politici, partiti, organizzazioni non governative, università pubbliche, personalità e moltissimi cittadini e cittadine che, pur non appartenendo a nessuna realtà organizzata, hanno compreso la necessità storica di mobilitarsi.<br />Un elemento che vorrei mettere in luce è la creatività del movimento per quel che riguarda la produzione di materiali e le forme di espressione, dal tradizionale “volantino” ai video (molti sono su YouTube, ndr), l'uso di internet (ci sono numerosi blog, ndr) e quello del teatro e della musica come strumenti del messaggio politico, la pressione sull'assemblea legislativa e altre istanze governative.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">2) Qual è, a tuo avviso, l'aspetto più importante del movimento che si oppone al Trattato di libero commercio? </span><br />Senz'altro che, pur non esistendo un coordinamento unico tra queste realtà, c'è un obiettivo comune, e questo unisce molto più che le leadership, che di fatto sono molto diverse. Credo di poter affermare, infatti, che tutto il movimento sociale e popolare è schierato contro il Cafta. E che ciascuna organizzazione è importante come le altre, indipendentemente dalla sua misura, perché ognuna agisce a livelli diversi (da quelle in grado di farsi sentire sui mezzi di comunicazione a quelle che lavorano solo nel proprio quartiere). Da un lato ci sono sindacati importanti come quello dell'Instituto Costarricense de Electricidad e organizzazioni contadine come il Frente Agrario Campesino contra el Tlc, ma l'aspetto più significativo è senz'altro il sorgere di espressioni organizzative nuove, nei quartieri, nei cantoni, tra i giovani.<br />Sono realtà che rompono gli schemi organizzativi tradizionali, e questo costituisce una ricchezza politica fondamentale per questo movimento, perché lo rende molto flessibile e difficile da cooptare.<br />Ci sono alcune esperienza importanti di unità, tra i quali la Coordinadora Nacional de Lucha contra el Tlc, i coordinamenti regionali (che funzionano in modo autonomo). Esiste anche un Frente Nacional de Apoyo a la Lucha contra el Tlc, di cui fanno parte personalità accademiche e politiche. E anche alcuni partiti politici, come il Frente Amplio e Acción Ciudadana, hanno svolto un ruolo importante nell'invitare la cittadinanza a opporsi al Cafta. Ma la cosa più rilevante è senza dubbio che la società intera si è mobilitata, e questo fa sì che il “fuoco” della resistenza non siano le organizzazioni, diventate più che altro “vettori” della mobilitazione dal basso.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">3) Prima di ratificare il Cafta, l'assemblea legislativa deve app</span><span style="font-weight: bold;">rovare 13 progetti di legge, parte inseparabile del Trattato di libero commercio. Che temi riguardano? È vero che alcuni di questi provvedimenti sarebbero incostituzionali? </span><br />Alcuni progetti di legge in discussione, la cosiddetta “agenda di implementazione del Cafta”, sono indispensabili affinché il Tlc abbia piena effettività giuridica. I più controversi sono quelli che riguardano il “rafforzamento” dell'Instituto Costarricense de Electricidad (Ice), che a dispetto del nome debilita la più efficiente azienda pubblica del Centro America, per renderla facile preda delle multinazionali (le spagnole Union Fenosa, Iberdrola e Endesa sono già presenti in tutta la regione, ndr), la legge sulla liberalizzazione delle assicurazioni e delle risorse idriche, l'approvazione di un accordo per la protezione dei brevetti sui vegetali (UPOV-91) e l'approvazione del Trattato di Budapest (ancora una misura relativa ai brevetti, ndr).<br />Per finire, un prestito di 220 milioni di dollari da parte della Banca interamericana di sviluppo (Bid), a cui si aggiungono 135 milioni di dollari di fondi pubblici, per sviluppare progetti come “sostegno alla competitività delle piccole e medie imprese, sviluppo dell'agricoltura e dell'allevamento sostenibili e rafforzamento dell'educazione rurale”, senza che esista alcun progetto concreto.<br />Un gruppo di lavoro formato da giuristi dell'Università del Costa Rica hanno analizzato il testo del Trattato, segnalando almeno 50 incostituzionalità. Nonostante questo, la Sala Constitucional della Corte suprema di giustizia, al servizio del Governo, ha dichiarato che il Trattato di libero commercio rispetta la Costituzione.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">4) A ottobre il popolo del Costa Rica voterà “Sì” o “No” alla ratifica del Trattato. A livello mondiale è la prima volta la decisione riguardo a un accordo commerciale si dibatte in una consultazione popolare. Come siete arrivati a questa proposta?</span><br />Il movimento popolare non ha mai cercato il referendum, perché il nostro obiettivo è sempre stato che il testo del Cafta non fosse nemmeno discusso dall'assemblea legislativa.<br />L'idea di un referendum è stata lanciata lo scorso anno da un gruppo di cittadini guidati da José Miguel Corrales, ex deputato ed ex candidato alla presidenza del Partido de Liberación Nacional (lo stesso del presidente Oscar Arias). Dopo la marcia del 26 febbraio 2007, a cui hanno partecipato 250 mila persone, il Tribunale supremo elettorale accolse la richiesta di convocare una consultazione popolare e autorizzò il gruppo di Corrales a raccogliere le firme del 5 per cento degli elettori, che avrebbero reso effettiva la convocazione del referendum. A quel punto, il governo di Oscar Arias decise invece di convocare il referendum d'accordo con l'assemblea legislativa, presentandosi così come un Governo democratico che “ascolta la voce del popolo”.<br />È certo però che tutto il processo verso questo referendum è stato pieno di frodi e di arbitrarietà. Ad esempio, è palese che il Governo stia utilizzando i fondi che servono a finanziare i servizi pubblici e progetti sociali per “comprare” le comunità rurali, facendo pressioni perché votino per il “Sì”. La pubblicità stupida e ingannevole diffusa dal fronte governativo attraverso i mezzi di comunicazione confonde i cittadini, ai quali non sono mai offerti argomenti validi contro il “No”. Ricorrono, addirittura, al vecchio metodo maccartista della “minaccia comunista”.<br />Perciò, anche se è logico che agli occhi della comunità internazionale questo referendum appaia come un momento storico, non dobbiamo perdere di vista le criticità delle condizioni in cui verrà celebrato: il 99,7 per cento della pubblicità sugli organi d'informazione è comprata dal fronte del “Sì” (imprenditori, governo) e appena lo 0,3 per cento dal “No”.<br />La differenza è abissale, ma il Tribunale elettorale non si è preoccupato di garantire equità nell'accesso ai mezzi di comunicazione, nemmeno a quelli pubblici. Ciò non nega, però, l'importanza fondamentale della consultazione del 7 ottobre, e stiamo facendo tutto il possibile perché il “No” possa battere il “Sì” in maniere evidente.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">5) Come vi siete organizzati per sensibilizzare la popolazione sui rischi del Cafta e per far sì che la maggioranza dei costaricani votino “No” al referendum?</span><br />Come ho spiegato prima, la nostra è un'organizzazione molto decentrata, basata sull'attivismo “di tutti i giorni”. In questo contesto, le attività educative sono fondamentali, e passano per la produzione e distribuzione (quasi sempre gratuita) di materiali e bandiere o adesivi, le visite alle comunità contadine e indigene, programmi alle radio, radio comunitarie, e attività artistiche.<br />L'articolazione politica c'è stata soprattutto negli spazi micro-sociali, ed è importante capire questo particolare.<br />C'è stato, però, anche uno sforzo enorme da parte di alcuni partiti politici rappresentanti nell'assemblea legislativa, come il Partido de Acción Ciudadana, il Partido Accessibilidad Sin Exclusiones e il Frente Amplio), per formare scrutatori e osservatori per il giorno del referendum.<br />Inoltre, molte organizzazioni stanno sostenendo economicamente la campagna per quanto riguarda i mezzi di trasporto, l'alimentazione e la stampa di materiali, per garantirci almeno di poter realizzare il nostro lavoro nella miglior maniera possibile.<br /><br /><span style="font-weight: bold;">6) Cosa accadrà in caso di vittoria del fronte del “No”? Quale pensi che possa essere la relazione della classe politica e, in particolare, del presidente Arias Sanches? Cosa ti aspetti dagli Stati Uniti d'America?</span><br />Se vince il “No”, sarà uno shock per gli Stati Uniti e per tutta la classe politica costaricana. Credo che non se lo aspettino e che siano pronti a commettere frodi elettorali per impedirlo. Nel caso perdessero, c'è la possibilità che non accettino il risultato, e che arrivi la repressione.<br />È difficile, ma possibile. Ciò che è certo, però, è che il Governo continuerà a far pressioni per la ratifica dell'“agenda d'implementazione”, che sarebbe una sorta di “Cafta senza il Cafta”. Gli Usa, invece, potrebbero imporre sanzioni commerciali, per dare una sorta di “castigo esemplare” e per avvertire gli altri Paesi sui rischi che corre che si oppone alla firma di un Trattato di libero commercio. Nell'ambito di questo castigo, credo potrebbero decidere di trasferire investimenti verso altri Paesi dell'area, come il Nicaragua o l'Honduras, per colpevolizzare la popolazione costaricana di un'eventuale perdita di posti di lavoro.<br />Lo scenario è difficile da prevedere, ma voglio evidenziare un aspetto essenziale: le contraddizioni del Cafta rivelano una situazione più complessa, profonda e strutturale in termini di critica al neoliberismo. Perciò, che vinca il “Sì” o il “No”, questa contraddizione profonda non si risolverà con questo referendum ma resterà latente come elemento centrale della vita politica del Paese nei prossimi anni.<br />Se vince il “No”, il nostro prossimo passo dev'essere quello di approfondire la capacità organizzativa e propositiva del popolo.<br />Il Costa Rica ha bisogno di una profonda trasformazione economica, politica e sociale che equivale a una rifondazione del Paese. Ma la classe politica è corrotta e senza orizzonti, e per questo svende il Paese. Perciò questa rifondazione dev'essere promossa dalla società mobilitata. Ciò che abbiamo oggi è la “voglia di politica”, che anche se non basta da sola a creare questa trasformazione è un seme di iniziative, e forze popolari che nel lungo periodo possono incidere in modo effettivo e positivo nella costruzione del Paese a cui tutti e tutte aspiriamo.<span style="font-style: italic;"></span><br /><span style="font-style: italic;"></span></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-79726656428272782852007-09-04T09:59:00.000+02:002007-09-04T10:05:17.945+02:00L'intruso, il reality, l'isola e il mattone<div style="text-align: justify;">C’è un concorrente nascosto all’edizione 2007 dell’“Isola dei famosi”.<br />È Astaldi, la seconda società di costruzioni in Italia. A luglio ha firmato il contratto per iniziare i lavori del megaprogetto turistico “Bahia de Tela” (vedi terraterra del 23 aprile 2005). Il complesso verrà realizzato sulla costa caraibica dell’Honduras, a pochi chilometri dalle isole dei Cayos Cochinos, dove il 20 settembre inizia la nuova serie del reality show.<br />La regione, però, è abitata da un’etnia indigena afrodiscendente, i garifuna, che vivono di pesca in comunità lungo la costa e temono l’impatto sociale e ambientale del turismo di massa. <br />Oggi la Laguna de los Micos è un paradiso di mangrovie, una striscia vergine di spiaggia e vegetazione di oltre 3 km. Il progetto Bahia de Tela prevede quattro hotel di lusso, 256 ville, un campo di golf, un club ippico e un centro commerciale -su una superficie complessiva di oltre 300 ettari-. Il tutto verrà realizzato all'interno del Parco nazionale intitolato a Jeanette Kawas (Pnjk) e di una laguna registrata (con il numero 722) nell'elenco delle paludi protette dalla Convezione internazionale di protezione delle paludi (conosciuta come Ramsar). Il riempimento di gran parte della palude per la realizzazione del campo da golf è incompatibile con la convenzione Ramsar, che considera le paludi aree di assoluta preservazione. Le comunità locali, poi, non sono state consultate, come vorrebbe l'Accordo n° 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro.<br />Astaldi -che in Honduras ha già costruito dighe e autostrade con la propria controllata Astaldi Columbus- si incaricherà di realizzare la rete di infrastrutture di base, per un importo complessivo di circa 18 milioni di dollari (il budget complessivo del progetto è di circa 200): l'azienda italiana costruirà le strade, le fognature, il sistema elettrico, quello per la raccolta dei rifiuti solidi e per immagazzinare l'acqua potabile. <br />Il progetto è promosso dall’<span style="font-style: italic;">Instituto Hondureño de Turismo</span> (Iht) e da imprenditori privati riuniti nella <span style="font-style: italic;">Sociedad de Desarrollo Turístico Bahía de Tela</span> (Dtbt). È finanziato dalla Banca interamericana di sviluppo (14,9 milioni di dollari toccano ad Astaldi) e dalla Banca centroamerica di integrazione economica (Bcie).<br />Secondo i piani del ministero del Turismo, che il 17 agosto, in una cerimonia in pompa magna, ha posto “la prima pietra” del megaprogetto, presto arriveranno i villaggi vacanze.<br />Pronti ad attrarre nel Paese un numero sempre maggiore di turisti occidentali (da Milano ogni settimana parte già un charter diretto in Honduras, porta i turisti sull'isola di Roátan, l'unica Cancún del Paese).<br />Non è un caso, perciò, se per il secondo anno consecutivo “i famosi” e l'Isola metteranno per tre mesi le spiagge honduregne in vetrina davanti a milioni di telespettatori italiani (lo scorso anno il programma raccolse il 25% di share).<br />Cosa nasconde l'Isola? Nel dicembre 2006 un'inchiesta della rivista Altreconomia ha rivelato che le isolette dei Cayos, sedi del reality, sono in vendita. In più, il format prodotto da Magnolia e trasmesso dalla Rai sconvolge gli equilibri su cui si regge la vita delle popolazioni locali.<br />Lo scorso anno, ad esempio, la gente del Cayo Chachahuate non potè uscire in barca a pescare per tutto il tempo delle riprese. <br />È per questo che da una scuola media di Piombino, in provincia di Livorno, è partita una lettera indirizzata al direttore di Rai 2, Claudio Cappon. È firmata da 725 persone che chiedono di sospendere il programma. L'hanno scritta gli alunni di due prime dell'istituto, dopo aver letto un articolo sull'Isola di Betty Schiavon, attivista del Collettivo Italia Centro America (Cica), apparso a febbraio sulla rivista Popoli.<br />Il Cica, impegnato al fianco dei garifuna di Ofraneh, l'Organizzazione fraterna dei popli negri dell'Honduras, ha appena lanciato una campagna internazionale contro Astaldi. Sul blog <a style="font-weight: bold;" href="http://lisolaeilmattone.blogspot.com">lisolaeilmattone.blogspot.com</a> trovate il testo di una lettera di denuncia (in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo) da inviare ai rappresentanti dell'azienda in Italia e in Honduras. <br /><br /><span style="font-weight: bold;">Questo articolo è stato pubblicato il 4 settembre da </span><a href="http://www.ilmanifesto.it"><span style="font-style: italic; font-weight: bold;">Il Manifesto</span></a><br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-31803042126397386772007-09-03T20:36:00.000+02:002007-09-03T20:38:49.144+02:00In Costa Rica un referendum popolare per dire "No" al Trattato di libero commercio (2)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6349/819569775866874/240/z/681639/gse_multipart69693.jpg"><img style="margin: 0pt 0pt 10px 10px; float: right; cursor: pointer; width: 245px; height: 243px;" src="http://photos1.blogger.com/x/blogger2/6349/819569775866874/240/z/681639/gse_multipart69693.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;">Nel primo dibattito pubblico di confronto, il fronte del "Sì" e quello del "No" si sono trovati d'accordo su un unico punto: in ogni caso, il Cafta non riuscirà a creare l'occupazione necessaria ad accogliere la manodopera in entrata nel mondo del lavoro (60 mila giovani ogni anno). Inoltre, secondo dati dell'agenzia governativa che promuove il commercio con l'estero, Procomer, solo 883 imprese delle 80 mila presenti nel Paese esporta verso gli Usa.<br />Il fronte del “No” è convinto che il Cafta «porrebbe a rischio le oltre 79 mila aziende che producono solo per il mercato interno».</div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-74729438902947562382007-08-31T09:42:00.000+02:002007-08-31T09:48:31.148+02:00Honduras, mercato e repressione. E chi protesta muore<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.revistazo.com/Articulos/data/upimages/manifestacion_27_08_07_0001.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 238px; height: 178px;" src="http://www.revistazo.com/Articulos/data/upimages/manifestacion_27_08_07_0001.jpg" alt="" border="0" /></a>Avete voluto manifestare e c'è scappato il morto: peggio per voi. È questo il senso del messaggio inviato da Armando Urtecho López, avvocato del Cohep, la Confindustria honduregna, agli attivisti del Coordinamento nazionale di resistenza popolare (Cnrp). Il 27 agosto, a partire dalle 4 e mezzo del mattino, in migliaia hanno occupato le principali strade del Paese e uno di loro, Wilfredo Lara, 23 anni, maestro, è stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco, sparato a bruciapelo da un albergatore.<br />Il suo sindacato aveva aderito alla piattaforma lanciata dal Coordinamento nazionale di resistenza popolare (Cnrp) e Wilfredo stava partecipando al blocco (toma de carretera) nel municipio di Florida, a 350 km dalla capitale Tegucigalpa, lungo la strada che porta in Guatemala. «La colpa [dell'omicidio] -ha spiegato Urtecho López- è di chi fa manifestazioni insensate come quelle di questi giorni». E, rivolto alla Cnrp, ha aggiunto: «Lasciate che il popolo scelga se stare con i rivoltosi o con la tranquillità e lo sviluppo». Un concetto ripreso il giorno successivo anche dal ministro della Difesa, Arístides Mejia, che in un programma televisivo ha accusato i dirigenti del Coordinamento di essere i responsabili della morte del maestro.<br />L'atteggiamento che ha scatenato le reazioni della società civile: quelli dell'<span style="font-style: italic;">Alianza Cívica por la Democracia</span> (Acd) hanno denunciato che «l'ordine di disarmo e la promessa di protezione nei confronti dei manifestanti e dei viaggiatori non è stato eseguito», accusando la polizia che, in questa occasione, «ha brillato per la sua assenza». Marvin Ponce, deputato dell'opposizione di sinistra in Honduras, il <span style="font-style: italic;">Partido de Unificacion Democratica </span>(Ud) che però non arriva al 5 per cento, schiacciato tra il <span style="font-style: italic;">Partido Nacional</span> e il <span style="font-style: italic;">Partido Liberal</span>, che di diverso hanno solo il nome, ha invitato Urtecho López al silenzio: «La sua condizione di difensore degli oligarchi non le dà l'autorità morale di mettere in discussione i movimenti popolari, a meno che anche questo non sia pagato dagli onorari che riceve dagli imprenditori che lei difende in modo tenace».<br />Il Coordinamento nazionale di resistenza popolare raggruppa una trentina di organizzazioni contadine, indigene, sindacali e per la difesa dei diritti umani in tutto l'Honduras. Una toma de carretera ben organizzata, come quella di lunedì scorso, è in grado di paralizzare il piccolo Paese centro americano: per farlo basta occupare tre o quattro arterie. Secondo la stampa honduregna il 27 agosto c'erano -contemporaneamente- fino a una sedici blocchi.<br />La piattaforma che convocava la mobilitazione riassumeva tutte le richieste che la società civile ha avanzato negli ultimi anni (e le lotte portate avanti, che più volte abbiamo descritto su <span style="font-style: italic;">Liberazione</span>). Tra le altre, la cancellazione della Ley de Agua Potable y Saneamiento del 2003, che ha permesso l'ingresso del capitale privato nella gestione degli acquedotti (la romana Acea insieme a un consorzio d'imprese è a San Pedro Sula, la seconda città del Paese); l'approvazione di una nuova Ley de Mineria, che metta fuorilegge le miniere a cielo aperto, che usano il cianuro nel processo di estrazione del minerale e poi lo disperdono nell'acqua e nell'aria (oggi quasi la metà dell'Honduras è sotto concessione mineraria e il capitale italiano è presente con un paio di permessi concessi alla ditta Colacem di Gubbio attraverso la controllata Eurocantera); la riforma agraria; il rispetto dei diritti dei popoli indigeni e negri; l'educazione pubblica gratuita; la riduzione del costo di invio delle rimesse dei migranti, una partita importante nella bilancia commerciale del Paese.<br />Secondo i portavoce del Cnrp, il presidente Mel Zelaya, al governo del dicembre del 2006, non ha fatto niente, in 19 mesi, per risolvere i gravi problemi del Paese: «Il Governo, con le sue posizioni demagogiche, ha mantenuto in modo arbitrario il modello neoliberista che ci sommerge nella miseria e nelle disintegrazione nazionale, e non ha mai mancato di utilizzare la repressione come risposta alla proteste popolari». Fedele alla linea, Zelaya ha rifiutato di incontrare i portavoce dei manifestanti. E mentre il ministro della Sicurezza gli accusava di voler creare in Honduras «una situazione boliviana», con un dirigente popolare come Evo Morales al potere, in un'altra esternazione l'avvocato degli industriali Urtecho López ha accusato il movimento di essere finanziati dal presidente venezuelano Hugo Chavez. La risposta è stata affidata a Daniel López, anch'egli dell'Alianza Civica por la Democracia: «È vero -ha detto ironicamente- ci sono dei contadini che fanno Chávez di cognome e che hanno pagato di tasca propria i passaggi in autobus per andare a manifestare».<br /><br /><span style="font-weight: bold; font-style: italic;">Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano <a href="http://www.liberazione.it/">Liberazione</a> il 31 agosto 2007</span></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-12654932291482083472007-08-27T23:48:00.000+02:002007-08-27T23:56:32.075+02:00In Costa Rica un referendum popolare per dire "No" al Trattato di libero commercio (1)<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.notlc.com/images/P6230081.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer; width: 266px; height: 199px;" src="http://www.notlc.com/images/P6230081.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;">Il 7 ottobre prossimo la popolazione del Costa Rica sarà chiamata a decidere, con un referendum, se ratificare o meno dell'accordo di libero scambio tra il proprio Paese e gli Stati Uniti d'America. Firmato nel 2005, il Cafta, Central America Free Trade Agreement, è già in vigore in tutti i Paesi centroamericani a eccezione del Costa Rica. Con il sostegno dell'ambasciata degli Stati Uniti d'America, il governo del presidente Arias Sanchez e il Tribunale supremo elettorale (Tse) portano avanti una campagna a favore del "Sì": tra le ultime decisioni del Tse, ad esempio, c'è quella di impedire alle università di divulgare informazioni sugli studi che evidenziano l'impatto economico e sociale negativo del Cafta. Intanto il movimento sindacale, contadino e studentesco si è fatto promotore di un'ampia piattaforma di opposizione al Trattato di libero commercio, il Movimiento Patriótico "NO AL TLC", sviluppando a livello locale una struttura organizzativa di comitati patriottici formati da migliaia di volontari.<br />Il fronte del "Sì" sventola come una bandiera il "mito delle preferenze": secondo il presidente, se non ratifica il Cafta il Costa Rica non potrà più commerciare con gli Usa. Ma l'unico settore che, con il Trattato di libero commercio, verrebbe favorito da una riduzione della tassazione è il tessile (meno 20 per cento), un vantaggio che si annulla in virtù delle regole di origine imposta dal Cafta (l'uso, cioè, di input provenienti dagli Usa o dagli altri Paese del Centro America, ridurrebbe in modo sostanziale questo vantaggio).<br />L'unica certezza è che, anche senza il Cafta, il Costa Rica è il maggiore esportatore dell'America Centrale. L'export è cresciuto del 17 per cento tra il 2005 e il 2006 (da 7 a 8,2 miliardi di dollari).<br />Il commercio con gli Stati Uniti, 3,4 miliardi di dollari nel 2006, rappresenta una fetta importante dell'export "tico" (il nomigonolo affibbiato ai costaricensi mentre i nicaraguensi sono "Nica" e gli honduregni "catrachos"), anche se negli ultimi sei anni l'Asia ha reigstrato una crescita del 370%, passando da 304,8 a 1.435,3 milioni di dollari).<br />L'89 per cento dei prodotti esportati dal Costa Rica verso gli Stati Uniti d'America già paga tariffe inferiori al 10% (ananas: 0,5 centesimi; succo: 7,8 centesimi per litro), e questo 89 per cento rappresenta il 94,4 per cento in termini di valore.<br />Nessun dato evidenzia, invece, le possibilità di sviluppo nell'ambito del Trattato di libero commercio "vendute" come certe da Arias Sanchez al Paese.<br />Nell'opposizione (l'ex candidato alla presidenza Otton Solis ha detto: "Dov'è scritto per questo ci aiuterà a svilupparci?"), ma anche nella sua maggioranza, si levano molte voci contrarie al Cafta. L'esempio delle altre repubbliche centroamericane a un anno dall'entrata in vigore del Trattato evidenzia bilance commerciali verso gli Usa in profondo rosso.<br />Il Messico, poi, a dodici anni dal Nafta (North America Free Trade Agreement) esporta per lo più manodopera a basso costo (500 mila migranti all'anno) e fonda la propria economia sulle rimesse che questi inviano ai proprio familiari (oltre 20 milioni di dollari l'anno). Il Costa Rica non ci sta.<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-85320405608543813392007-08-26T21:34:00.000+02:002007-08-26T21:46:18.647+02:00In Guerrero nessuno vuole la diga "La Parota"<div style="text-align: justify;">Il 12 agosto oltre 3 mila contadini indigeni del municipio di Cacahuatepec, nello Stato messicano del Guerrero, ha rinnovato il proprio "No" al progetto di costruzione della centrale idroelettrica "La Parota". Il progetto della diga è promosso dalla <span style="font-style: italic;">Comisión Federal de Electricidad</span> (Cfe).<br />Secondo il <span style="font-style: italic;">Consejo de Ejidos y Comunidades Opositoras a La Parota</span> (Cecop), l'invaso, creando un lago artificiale di oltre 14 mila ettari, andrebbe a sommergere 24 comunità indigene. Contro il progetto si è schierato anche l'<span style="font-style: italic;">Asociación Civil de Ingenieros Agrónomos Democráticos de Guerrero</span>.<br />Nell'agosto del 2005, nel corso di una assemblea agraria, le comunità interessate dal progetto avevano votato contro la costruzione de La Parota, ma il 27 marzo di quest'anno il <span style="font-style: italic;">Tribunal Unitario Agrario</span> ha annullato la votazione. La tensione è tornata a salire in Guerrero negli ultimi mesi. Negli anni, le lotte contro la realizzazione della diga hanno già lasciato sul campo quattro morti. <br />A maggio, in occasione di un'assemblea comunitaria per discutere la realizzazione della diga, si è recata nella regione anche una missione internazionale di osservazione dei diritti umani, che ha riscontrato l'"irregolarità" della convocazione dell'assemblea, la "strategia repressiva" del governatore dello Stato del Guerrero, Zeferino Torreblanca Galindo, colpevole di criminalizzare l'opposizione al megaprogetto -i membri del Cecop- nel tentativo di escluderla dalla discussione e dalla votazione.<br />Né il Governo statale né quello nazionale, però, sembrano intenzionati a riconoscere la validità del voto del 12 agosto. Considerano l'assemblea "consultiva". Così il <a href="http://www.mapder.org/"><span style="font-style: italic;">Movimiento Mexicano de Afectados por las Presas y en Defensa de los Ríos</span></a> (Mapder) ha promosso un manifesto internazionale (<a style="font-weight: bold;" href="http://www.redlar.org/noticia124.htm">in spagnolo</a>, <a style="font-weight: bold;" href="http://www.redlar.org/noticia125.htm">in inglese</a>) per esigere "il rispetto della volontà dei popoli e condannare l'imposizione del progetto idroelettrico La Parota".<br /></div>Per adesioni guscastro@laneta.apc.org (Gustavo Castro)<br /><span style="font-style: italic;"><br /><a href="http://www.ilmanifesto.it/php3/ric_view.php3?page=/terraterra/archivio/2004/Dicembre/41ba074006e74.html&word=martinelli"><span style="font-weight: bold;">I diritti affondano nella diga La Parota </span></a></span><a href="http://www.ilmanifesto.it/php3/ric_view.php3?page=/terraterra/archivio/2004/Dicembre/41ba074006e74.html&word=martinelli"><span style="font-weight: bold;">(Il Manifesto, 10 dicembre 2004)</span><br /></a>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-59766841245185070602007-08-26T19:42:00.000+02:002007-08-26T19:58:06.391+02:00<div style="text-align: justify;">Eccomi a presentare questo blog, dopo i primi due articoli di prova postati ieri notte (sono un po' vecchi, pubblicati da <span style="font-style: italic;">Liberazione</span> a metà luglio).<br />Già nel nome, <a href="http://icoloridelmais.blogspot.com/"><span style="font-weight: bold;">icoloridelmais.blogspot.com</span></a>, ho scelto di evidenziare la continuità di questo strumento con il mio libro, <a style="font-weight: bold;" href="http://www.manitese.it/index.php?id=12,775,0,0,1,0">"I colori del mais. Società, economia e risorse in Centro America"</a>, pubblicato a giugno dalla casa editrice EMI.<br />Il punto di partenza è lo stesso: la volontà d'informare, intrecciando le storie di comunità, popoli indigeni e organizzazioni sociali con dinamiche economiche, politiche e sociali, una realtà -quella centroamericana- piuttosto assente sui media mainstream. E di farlo, prestando ancora più attenzione a ciò che accade, oggi che anche l'Unione europea si appresta a negoziare un accordo di libero commercio con la regione. Non è un particolare di poco conto: come scrive Roberto Sensi del <a href="http://www.tradewatch.it/"><span style="font-style: italic;">Tradewatch</span></a> nell'introduzione a "I colori del mais", per le imprese europee del settore dei servizi il Centro America rappresenta un approdo importante (molte, del resto, sono già arrivate, e adesso, per ingrandirsi, aspettano solo nuove "condizioni" più favorevoli agli investimenti).<br />La scommessa, per me, è quella di farne uno strumento utile (intanto) e continuativo (con l'impegno a postare almeno 2 o 3 notizie ogni settimana).<br />Grazie per l'attenzione e... usatemi. Luca <br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-28279901061932782962007-08-26T00:22:00.000+02:002007-08-26T12:32:29.683+02:00L'Italia investe sul Guatemala<div style="text-align: justify;">La Camera dei deputati ha ratificato un Accordo sulla promozione e protezione degli investimenti tra il nostro Paese e il Guatemala, firmato a Città del Guatemala nel settembre 2003, con i voti contrari (53) di Rifondazione Comunista, Pdci e Verdi. L'onorevole Ramon Mantovani ha spiegato che nell'accordo "non c'è alcun [accenno al] rispetto dei trattati internazionali in materia di organizzazione del lavoro, non c'è alcuna clausola ambientale e non c'è alcuna clausola che attenga alla questione della corruzione. [...] non possiamo più accettare che si stipulino accordi di questo tipo". Anche se si parla, nel testo approvato, di "reciproca protezione degli investimenti", secondo il deputato di Rc questo "è un eufemismo", perché non esistono imprenditori e finanziarie guatemalteche che investono in Italia. Si tratta, cioè, di un Accordo <span style="font-style: italic;">ad hoc</span> per la protezione di eventuali investimenti italiani, concentrati nei settori dell'agricoltura, dei servizi e dell'industria farmaceutica. Adesso il voto al Senato.<br /></div><a style="font-weight: bold;" href="http://legxv.camera.it/_dati/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.asp?pdl=2162">Il testo dell'accordo sul sito della Camera dei Deputati</a>.Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7962150475549045732.post-75126501542848308842007-08-26T00:16:00.000+02:002007-08-26T00:21:49.016+02:00L'Unione Europea all'assalto dell'America Centrale<div style="text-align: justify;">Pronti, via: sono iniziati a Bruxelles, in sordina, i negoziati per l'Accordo di associazione (Ada) tra l'Unione Europea e i Paesi centro americani.<br />I rappresentanti di Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama sono pronti a sedersi di fronte ai negoziatori della Commissione europea e, da pari a pari, firmare l'apertura delle proprie frontiere commerciali e finanziarie a prodotti, imprese e, soprattutto, capitali provenienti dall'Ue.<br />Per Bruxelles è la “solita” rincorsa agli Stati Uniti d'America. Dieci anni fa l'Europa avviò i negoziati per un accordo di libero scambio con il Messico (“Accordo globale” venne definito in quell'occasione) per ovviare gli effetti negativi -in termini di minori esportazioni- del Nafta (<span style="font-style: italic;">North America Free Trade Agreement</span>, l'accordo di libero scambio tra Canada, Messico e Usa, in vigore dal 1 gennaio 1994).<br />Oggi l'Ada nasce come risposta europea al Cafta (<span style="font-style: italic;">Central America Free Trade Agreement</span>), ratificato nell'ultimo anno e mezzo da tutti i Paesi della regione escluso il Costa Rica, dove a inizio ottobre si svolgerà un referendum, e sarà la popolazione locale a decidere il “Sì” o il “No” al Trattato.<br />Peter Mandelson, il commissario europeo al commercio, l'ha detto in modo esplicito: il modello dell'Accordo di associazione è quello del Cafta.<br />Non ama i giri di parole l'uomo che si trova a fare i conti con la crisi, ormai irreversibile, dei negoziati multilaterali in sede Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio), e ha scelto di rispondere avviando negoziati bi-laterali a tutto tondo, dall'America Centrale alla Comunità andina di nazioni (Can) all'Asean (l'associazione delle nazioni del Sud-est asiatico).<br />I primi effetti del Cafta, però, sono sulla bocca di tutti: per tutto il Centro America il 2006 passerà alla storia come l'anno peggiore negli ultimi dieci per la bilancia commerciale nei confronti degli Stati Uniti d'America.<br />In El Salvador a un anno dal Cafta il deficit commerciale è cresciuto del 24%, provocando la perdita di oltre 93 mila posti di lavoro solo nel settore agricolo. Nell'ultimo anno prima dell'entrata in vigore dell'accordo di libero commercio con gli Usa, El Salvador aveva un surplus commerciale di 135 milioni di dollari con gli Stati Uniti, che nel 2006 è diventato un deficit di 300 milioni di dollari (è cresciuto l'import mentre l'export ha registrato un meno 10 per cento, da 2 a 1,8 miliardi di dollari).<br />Il Guatemala, per il quale gli Stati Uniti sono il principale socio commerciale (a cui vende il 34 per cento del suo export e compra il 41 per cento dell'import), in soli nove mesi è passato da una bilancia commerciale positiva a un deficit di 415 milioni di dollari.<br />Stesso discorso vale per l'Honduras, passato da un surplus commerciale di (quasi) 500 milioni di dollari nel 2005 a uno di 25 nel 2006.<br />Il paradosso vero, però, è che l'unico Paese centroamericano ad aver aumentato nell'ultimo anno la propria quota di esportazioni verso gli Stati Uniti d'America è il Costa Rica, che il Cafta non lo ha ancora ratificato.<br />Ma l'Unione Europea non è interessata più di tanto al mercato del Centro America -l'interscambio commerciale con la regione è una briciola della bilancia commerciale Ue- quanto, piuttosto, a conquistare il settore dei servizi. La svendita di comparti strategici per le economie nazionali come la generazione dell'energia idroelettrica (tutto il Centro America è ricco di corsi d'acqua), la costruzione e gestione di autostrade, la gestione del servizio idrico nelle città più importanti e già iniziata, e le aziende dell'Unione Europea -dalle spagnole Endesa e Union Fenosa alle italiane Astaldi, Colacem ed Enel- non stanno certo a guardare, ma l'Accordo di associazione darebbe senz'altro “quella spinta in più”.<br />Felipe Calderòn, presidente messicano in carica dal dicembre 2006, ha ridato vita all'idea di un Plan Puebla Panama, un piano di infrastrutture -stradali, energetiche, ricettive- finanziato dalla Banca interamericana di sviluppo per creare un cerniera, un ponte, tra il Sud del Messico e la Colombia.<br />E alcune aziende italiane, come avvoltoi, puntano a spartirsi gli appalti: Astaldi sarebbe in pole position per realizzare un (contestatissimo) progetto idroelettrico in El Salvador, El Chaparral, il cui costo stimato è di 141 milioni di dollari -pari alla metà del deficit commerciale del Paese con gli Usa-. E in Honduras la stessa azienda, attraverso la filiale Astaldi Columbus, ha firmato con l'Insituto hondureño de Turismoà un impatto ambientale devastante nella Bahia de Tela: 2 mila appartamenti, 6 multi-residence per un totale di 168 ville; e ancora: centri commerciali, parchi tematici e di intrattenimento. Per finire, un campo da golf. Il tutto su oltre 300 ettari di laguna, che verranno riempiti con sabbia prelevata dal mare. <br />La zona è abitata dai <span style="font-style: italic;">garifuna</span>, una popolazione afrodiscendente tenacemente in lotta (una lotta che già conta molti caduti) per difendere la proprietà delle terre che occupano da oltre duecento anni. A nulla sembra valere la Costituzione, che all'art. 346 riconosce che “è un dovere dello Stato dettare norme a protezione dei diritti e degli interessi delle comunità indigene esistenti nel Paese, e in special modo delle terre e dei boschi dove queste risiedano”, né che l'Honduras abbia ratificato -nel giugno del 1994- l'Accordo n. 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) sui diritti dei popoli indigeni e tribali in Paesi indipendenti. Il 70 per cento del territorio dei garifuna è ormai in mano a privati. <br />Ed è lo stesso “paradiso terrestre” dove il prossimo 20 settembre tornerà l'Isola dei famosi: per il secondo anno consecutivo la costa Atlantica dell'Honduras sarà in vetrina, in prima serata, davanti a milioni di spettatori. Un palcoscenico invidiabile per una zona in cui, tra qualche anno, i nostri connazionali potranno volare e far vacanza come a Tropea, in un villaggio turistico rigorosamente <span style="font-style: italic;">italian</span>.<br /></div>Luca Martinellihttp://www.blogger.com/profile/08546746398906175662noreply@blogger.com9